Le rovine di Morbano
A 18 Km. da Pereto, oltre i confini con Cappadocia, ad un Km. circa a nord-est della fonte
della Vetrina, giacciono le rovine di Morbano.
E’ un incontro con il passato, ancora misterioso, del periodo equano e medioevale. Situato sulle pendici del monte Rocca di Morbano, adiacente al perimetro di una piccola conca circondata dall’ampio spettacolo delle verdeggianti ed ombrose faggete, sorge l’antico paesottoo, meglio, quel che resta dell’antico vicus equano. L’avvolge il silenzio che, come un santuario dei ricordi passati, lo protegge e lo venera. Gli fanno compagnia le fronde dei faggi, che tremolano piano per non turbare il sonno profondo dei resti mortali di indomiti e valorosi guerrieri equi o degli ultimi suoi abitanti, vittime del violento terremoto del 1456.

L’abbandono e la natura l’hanno protetta e rispettata per secoli, per trasmettere l’emozione della riscoperta di un quaderno di storia.
Fu un tempo centro equo di notevole importanza. Situato in superba posizione strategica, Morbano, l’antico Marrumpanum, poteva agevolmente raggiungere e penetrare i territori dei Latini, dei Volsci, degli Ernici e dei Marsi, ed essere un prezioso avamposto degli Equi ad oriente.

Al pari degli altri raggruppamenti di famiglie, abitanti nelle campagne e negli altipiani in capanne di pietra e legno, il Vicus viveva pascolando bestiame, cacciando selvaggina ed attuando improvvise e rapide scorrerie nei territori limitrofi al fine di spingere i vicini ad abbandonare le terre.

Nel VI° secolo a.c., però. la nascente potenza romana, in espansione nell’Italia centrale, costrinse Morbano e gli altri vici ed oppidi equani a sopire i piccoli rancori reciproci ed a stringere una stretta alleanza per meglio difendersi.        Dopo aver respinto per molti anni gli attacchi dei Romani, nel 600 a.c., gli Equi stipularono con Tarquinio Prisco un trattato di pace che durò circa un secolo.          Dal 494 a.c. ripresero le ostilità con i Romani. In un alternarsi di vittorie e sconfitte gli Equi riuscirono ad impadronirsi di
molte città latine (Labici, Bola, Carvento, Corbione, Tuscolo...) oltre che a giungere fin sotto le mura di Roma con Coriolano. Dal 390 al 349 a.c., durante l’invasione dei Galli Senoni, che bruciarono tra gli altri gli oppidi di Pereto e Carento, devastarono i campi e predarono il bestiame, Morbano costituì un sicuro rifugio per i sopravvissuti. Nel 349 a.c., considerando che la propria sopravvivenza stesse unicamente nell’unione, i Romani, i Latini, gli Etruschi, i Volsci, gli Ernici.
Gli Equi ed i Marsi si allearono e respinsero con successo le barbariche orde, massacrandone la maggior parte.
E’ molto probabile che, a seguito di queste invasioni, i vari oppidi decidessero di costruire, in posizione appropriata, recinti fortificati per meglio difendere uomini e bestiame dagli assalti nemici.
La stessa rocca di Morbano, meglio strutturata successivamente nel periodo medioevale, potrebbe aver avuto il suo primo embrione nel III° secolo a.c. A causa delle devastazioni dei Galli Senoni, gli Equi furono ridotti allo stremo e, nonostante il loro indomito coraggio, non riuscirono a resistere alle legioni romane che, nel 304 a.c., guidate dal dittatore Caio Giulio Bubulco e dal maestro dei cavalieri Marco Titinio, li attaccarono a fondo. In circa due mesi furono arsi e rasi al suolo 31 oppidi e vici.           Tra questi si annoverano e si ricordano Verrugo, Morbano, Carento, Pereto, Auricola, Varro, Uppa, Tiora, Suna, Equicoli, Lista, Italio, Nerse, Varia, Cliternia e Cominio.
Quindi, il silenzio dei secoli sino a quando i saccheggi dei Saraceni non costrinsero gli abitanti delle campagne a trovare rifugio tra i monti, negli isolati e sicuri altipiani. Morbano, allora, riprese vita e vigore ed i suoi abitanti strinsero stretti legami politici e commerciali con gli altri centri: Piretum, Auricola, Rocca de Bucte, Rocca Incamerata, Fossaceca, Celle, Verrugo, Taliacotium, Castella a flumine e Cappadocia.
Al 10° secolo d.c. sono databili le mulattiere che collegano Morbano con Pereto (attraverso
Campolungo, Macchialunga, S. Mauro, S. Nicolò), con Camerata ( attraverso Camposecco e le sponde del Fioio), con Tagliacozzo ( attraverso la valle della Dogana, il piano del Pozzo, Marsia), con Verrecchie (aggirando il monte Padiglione) e con Cappadocia (attraverso Camporotondo).          In un editto del 1241, Morbano viene citato nell’ordine dato da Federico II° ai suoi abitanti ed a quelli di Verrecchie, di Petrella, di Castellafiume, di Rocca di Botte e di Civita di Oricola di riparare la  Rocca di Prugna, che era semidistrutta.
Dopo quattro secoli di relativo benessere, il destino riservò un periodo funesto al grazioso villaggio montano.               

Il terremoto del 1456, che rase al suolo il borgo medioevale facendo perire sotto le
macerie molti suoi abitanti, segnò la definitiva agonia di Morbano. I pochi sopravvissuti si
trasferirono altrove (Camerata, Pereto, Cappadocia), portando con sé il ricordo delle proprie radici, che hanno tramandato di generazione in generazione e che ancora persiste.
Attualmente, a dare la prima emozione al visitatore è uno stradone, un tempo ricoperto di lastroni di pietra e sopraelevato rispetto al terreno circostante invaso dall’acqua, che conduce ai resti delle mura.

Gli accessi al borgo erano due, come si può agevolmente dedurre dalla presenza di uno
stradone a sud e di una mulattiera ad ovest. I residui manufatti murari, con filari regolari e blocchi di pietra di piccole dimensioni permettono di attribuire alcune opere murarie al II° secolo a.c..            Si scorgono anche numerosi rifacimenti di epoca medioevale, tra i più importanti dei quali quelli della rocca situata sulla sommità della prima collina ad est dell’abitato.

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L’invaso murario, che si estende per 15.000 mq., ci rivela che le abitazioni erano circa settanta, che vi era un tempio e due torri in prossimità dei due accessi al borgo. Le case sono generalmente composte di un solo vano rettangolare, in media di circa 40 mq., e le pareti, alla base, misurano un metro circa di larghezza. Se consideriamo che in ogni casa viveva una famiglia e che gli studiosi di  storia demografica hanno adottato un numero medio di cinque persone per ciascuna famiglia, possiamo dedurre che gli abitanti di Morbano, nel periodo medioevale, erano circa trecento cinquanta. 

Nel chiudere questo articolo, che rappresenta il primo contributo alla ricostruzione del passato di Morbano, voglio sperare che esso sia di stimolo a quanti, più competenti di me, avendone anche il tempo e le risorse, sono in grado di penetrare l’ignoto, di analizzare le reliquie storiche, di dare risposte soddisfacenti ai molti interrogativi di tutti quei Peretani che sentono il vicino Morbano un paese amico; sotto le cui macerie giacciono, senza nemmeno il conforto di un tumulo e di una croce, i resti mortali di pastori amici, altrettanto poveri ma più sfortunati, dei nostri progenitori.
Si auspica che in un prossimo futuro venga organizzata e condotta dalla competente sovrintendenza una coscenziosa campagna di scavi, in grado di fornire concreti elementi per un più proficuo studio che avvicini l’incerto passato ai contem-poranei, desiderosi di arricchire la propria cultura e di conoscere le proprie radici.

ENRICO BALLA